In questo lavoro, svincolato da una progettazione lineare, il fotografo si lascia guidare dall’istinto, unendo alla ripresa d’impulso l’elaborazione automatizzata tipica delle applicazione dell’iphonegraphia. E’ un progetto libero da condizionamenti tecnici e compositivi, che diviene gesto liberatorio.
“Al moltiplicarsi di luoghi, di situazioni, di generi, sembra sovrapporsi la proliferazione degli strumenti: il foro stenopeico che fa apparire il fantasma della realtà, la Polaroid che colora di Pop la pietra antica e invita alla manipolazione, la pellicola graffiata, poi un bianconero drammatico come da Rollei con il filtro rosso; i tempi dilatati e l’istante rubato, il tono alto e i colori candeggiati e poi la saturazione acida delle cromie.
E’ un labirinto da cui non sappiamo davvero venir fuori, e ogni quadro induce l’attesa di una sorpresa ulteriore.
Chi guarda, però, ne chiede altri, vorrebbe continuare il gioco, si spera non finiscano
mai.”
Paolo Barbaro